Una delle domande più frequenti che mi vengono poste riguarda la possibilità di utilizzare, ai fini del riconoscimento della cittadinanza ius sanguinis, un certificato di nascita basato su un auto-registro.
A tal proposito, occorre primariamente distinguere due ipotesi ovvero se il riconoscimento viene effettuato in via amministrativa o in via giudiziale e ciò in quanto la legge attribuisce poteri, per così dire istruttori, differenti all’ufficiale di stato civile/console rispetto al giudice.
Come regola generale, infatti, bisogna tenere presente che l’ufficiale di stato civile ovvero l’autorità consolare ha, in applicazione del principio di legalità, una cognizione limitata nell’analizzare i certificati presentati dal richiedente in quanto, sono tenuti ad applicare in modo vincolato la legge.
Ai sensi dell’art. 116 del codice di procedura civile, invece, il giudice valuta le prove secondo il suo prudente apprezzamento ovvero, tranne nel caso di prove legali, nel nostro processo civile vige il principio del libero convincimento del giudice nella valutazione delle prove offerte dalle parti e ciò significa che costui gode di una discrezionalità operando un giudizio di fatto basato su criteri razionali, massime di esperienza e leggi scientifiche.
Il giudice cioè può liberamente fondare la sua decisione su prove, anche atipiche, ma idonee a provare fatti anche incerti ed è per questa ragione che il processo di riconoscimento della cittadinanza ius sanguinis, soggetto alle norme processuali del codice di procedura civile, è più flessibile rispetto al procedimento amministrativo e ciò vale non solo per l’argomento in esame ma anche per altre questioni che mi riservo di approfondire quali ad esempio la difformità dei nomi tra i certificati e la necessità o meno di procedere a rettifica, l’utilizzabilità di registri ecclesiastici in un’epoca in cui c’erano già i registri civili ecc.
L’art. 116 del codice di procedura civile va, inoltre, letto in combinato disposto con l’art. 2727 del codice civile a mente del quale “le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignorato” e l’ art. 2729 del codice civile secondo cui “le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice” il che significa che il giudice, a differenza dell’ufficiale dello stato civile e del console, potrà far discendere il suo convincimento anche da presunzioni semplici ritenendo il fatto dimostrato se gli indizi sono “gravi, precisi e concordanti”.
Fatta questa doverosa premessa, con riferimento specifico all’auto-registro si sottolinea in primo luogo che, la possibilità di procedere alla registrazione della propria nascita è regolata in Brasile dalla Legge 765 del 14.07.1949 che al primo comma prevede espressamente che
Art. 1º – Os brasileiros de um e outro sexo, ainda não inscritos no registro civil de nascimento serão registrados independente do pagamento da multa regulamentar, mediante petição isenta de selos, taxas, emolumentos e custas, despachada pelo juiz competente e apenas atestada por duas testemunhas idôneas, na forma e sob as penas da lei;
I – se o registrando fôr maior de dezoito anos de idade ou menor de vinte e um ou os nascidos anteriormente à obrigatoriedade do registro civil;
II – se o registrando fôr maior de dezoito anos e durante o período do alistamento eleitoral ou se maior de dezessete anos durante o período do alistamento militar, determinados em lei;
III – se o registrando fôr menor de dezoito anos ou maior de vinte e um, quando apresentado atestado firmado por autoridade competente desde que considerado pessoa pobre, dispensada, para os menores de doze anos de idade, a petição de que trata este artigo, porém, com atestação de duas testemunhas idôneas.
Invero, una stessa previsione non è presente nell’ordinamento italiano per cui, in linea meramente teorica, dovrebbe affermarsi la inutilizzabilità di tale certificato nel processo di riconoscimento di cittadinanza italiana se non fosse che trovano applicazione da un lato il già citato art. 116 del codice di procedura civile relativamente ai poteri del giudice e, dall’altro lato, la legge n. 218 del 1995 di riforma del diritto internazionale privato ed, in particolare, gli articoli 24, 33-35 della legge 218 del 1995.
Ed, infatti, il giudice ai sensi del combinato disposto degli art. 2727 e 2729 del codice civile e dell’articolo 116 del codice di procedura civile, potendo valutare le prove secondo il suo apprezzamento anche per presunzioni semplici, potrà attribuire la presunzione di paternità, e con essa la FILAZIONE, in quanto ad egli è attribuita questa prerogativa.
Contrariamente, per quanto previsto dai citati articoli, non è consentito da parte dell’ufficiale dello stato civile o del console attribuire la presunzione di paternità se non nei casi espressamente previsti dalla legge come ad esempio quando il figlio è dichiarato dalla levatrice in costanza di matrimonio o dichiarato, quando figlio naturale, dal genitore che trasmette la cittadinanza o nel caso di riconoscimento giudiziale ecc.
Conseguentemente, il giudice da una valutazione complessiva dei documenti prodotti dalle parti ad esempio allegando anche un battesimo da cui risultano i nomi dei genitori ovvero il certificato di morte del genitore che trasmette la cittadinanza italiana da cui risulta il nome del figlio, dovrà ammettere nel processo il certificato prodotto a seguito di autoregistro ritenendo provata la filiazione e presunta aliunde.
Ed inoltre sarà tenuto ad applicare le norme di diritto internazionale privato ed, in particolare, l’ art. 24 che si riferisce in generale ai diritti della personalità, tra cui rientra il diritto alla cittadinanza, che prevede che “l’esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità sono regolati dalla legge nazionale del soggetto” nonché gli articoli 33-35 della citata legge che, in relazione proprio alla filiazione e al suo riconoscimento, stabiliscono espressamente che debba trovare applicazione “la legge nazionale del figlio al momento della nascita” per cui il giudice dovrà senza ombra di dubbio applicare quella legge e non quella nazionale.
Conseguentemente, qualora l’auto-registro sia stata effettuato seguendo le prescrizioni di cui all’art. 1 della legge brasiliana 765/49 cioè a seguito di controllo giurisdizionale ed in presenza di testimoni il giudice italiano non potrà opporsi alla sua utilizzabilità in quanto atto formato legittimamente sulla base della legge brasiliana sulla formazione dell’atto ovvero sulla base della legge nazionale del figlio.
In conclusione, si evidenzia come il riconoscimento della cittadinanza ius sanguinis per via giudiziale sia meno rigido ed abbia meno esigenze rispetto a quello per via amministrativa, proprio per la diversità delle prerogative e funzioni attribuite al giudice che sono di gran lunga più ampie rispetto a quelle dell’ufficiale di stato civile o del console i quali devono applicare pedissequamente la legge senza poter esercitare alcun potere discrezionale.
Pertanto, sebbene tale principio venga applicato talvolta in maniera errata anche per la via amministrativa, l’auto-registro ovvero l’autodichiarazione della nascita è e deve essere utilizzata solo davanti l’autorità giudiziaria.
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